DRAGHI: chissà quando presenterà le dimissioni
Non sono in molti a sapere che, se Draghi viene eletto Presidente della Repubblica, deve rassegnare al Quirinale le sue dimissioni.
Secondo il giornale.it (“) “sono ormai da settimane, che il premier voglia giocarsi le sue carte per provare ad essere il primo presidente del Consiglio che da Palazzo Chigi trasloca direttamente al Colle non è più un mistero”.
Il quale giornale aggiunge: “Se al Quirinale si preparano gli scatoloni da mandare a Palazzo Giustiniani – l’assegnazione delle stanze al futuro ex presidente è stata oggetto di alcune tensioni nell’individuazione dei locali adatti, con una disputa tra piano nobile e ammezzato – a Palazzo Chigi c’è chi nell’entourage ristretto di Draghi ha già chiesto consulenza agli uffici giuridici per capire come cambierebbe il suo contratto in caso di «trasloco» al Colle”.
E se le dimissioni di Draghi avvenissero prima, cioè in vista di una sua probabile elezione?
Worldnotix in proposito alcune settimane fa, pubblicava la risposta al quesito, data a La Repubblica, dal costituzionalista Michele Ainis.
Anche se Draghi, come ora sembra, non lo facesse prima, se venisse eletto al Quirinale (sia per l’incompatibilità delle due cariche, sia perché così è previsto), dovrebbe dimettersi. Nel caso lo facesse poco prima, si aprirebbe quasi certamente una crisi di governo, durante la quale il governo resterebbe in carica per il “disbrigo degli affari correnti”, cioè l’ordinaria amministrazione; dunque si “scivolerebbe in un limbo: non più presidente del Consiglio, non ancora presidente della Repubblica”. Per cui dovrebbe affidare il Governo ad un’altra persona.
Nel caso invece che fosse eletto, dovrebbe rassegnare il mandato al nuovo Presidente delle Repubblica, cioè a se stesso. Poi in qualità di Presidente della Repubblica dovrebbe, necessariamente, accettare le sue dimissioni da capo del Governo, ed affidare il compito di formare il nuovo esecutivo ad una nuova persona.
Chi sceglierà Draghi presidente per sostituire il primo ministro Draghi?
Due sono i nomi papabili saltati fuori già negli ultimi giorni di dicembre. Molte sono le voci che indicano come possibili scelte di Draghi, Daniele Franco o Marta Cartabia per dare l’incarico di formare un nuovo governo.
Si tratta economista, banchiere e funzionario italiano Daniele Franco, che dal 13 febbraio 2021 è il ministro dell’economia e delle finanze. La possibile donna, Marta Maria Carla Cartabia è invece una costituzionalista, giurista, accademica e politica italiana, la quale dal 13 febbraio 2021 ministra della giustizia nel governo Draghi.
Ma sarà in grado il soggetto designato a mettere insieme una nuova maggioranza? E la formazione governativa quanto sarebbe rimaneggiata?
Riusciranno ad eleggere entro il 3 febbraio il sostituto di Mattarella?
Se consideriamo tutto quello che i partiti hanno detto e fatto nell’ultimo mese, sembra proprio che trovare il sostituto di Mattarella, sarà più difficile di quanto sia stata la non sostituzione di Napolitano.
A poche ore dall’inizio delle votazioni, le forze (anzi le debolezze) politiche sono ancora in alto mare. Un mare, che esaminando i singoli partiti. appare in tutti i casi in burrasca. Le motivazioni non si limitano alle volontà diverse, che nascondono preoccupazioni diverse sia dei diversi partiti, sia delle correnti interne agli stessi.
I partiti che risultano più in difficoltà, al loro interno, sono certamente la Lega e quel che resta del M5S (ora MoVimento 2050). Per loro resta ancora più difficile trovare un nome comune, da far eleggere senza rischiare una forte perdita d’elettorato.
La paura più grande, della maggior parte dei grandi elettori, restano però le elezioni anticipate, poiché anche se Draghi non sarà l’eletto, dovrà rassegnare le dimissioni. Ciò determina che il “boccino” passa in mano al nuovo Presidente, il quale potrebbe:
- respingere le dimissioni,
- rimandare il governo alle camere per una nuova fiducia,
- reincaricare Draghi per la formazione di un nuovo governo,
- accettare le dimissioni e conseguentemente assegnare l’incarico ad altro soggetto.
In quel frangente, si potrebbe verificare una situazione di stallo, tale che il presidente potrebbe sciogliere le camere.
Il toto nomi è nutrito, alcuni dettagli sui più titolati dai giornali
Nella situazione attuale, torna ad essere possibile che il favorito sia di nuovo Mario Draghi. L’attuale presidente del Consiglio, 74 anni, il quale pur senza confermare né smentire, ha lasciato sempre aperti diversi spiragli. Resta però la possibilità che la paura dei parlamentari, che la difficoltà di formare un nuovo governo, porti allo scioglimento delle Camere e conseguentemente al voto anticipato.
Molte le possibili alternative delle quali si parla, individuate sia dal centro sinistra, sia dal centro destra; aspettative rimaste bloccate fino al 22 gennaio dalla volontà di Silvio Berlusconi ( 85 anni candidato più divisivo), dalla volontà manifestata di tentare l’impossibile scalata del per lui “TRONO”. Il ritorno alla realtà di quello che continuano a chiamare “cavaliere”, si trasformerà, secondo alcuni giornali, in una mossa per lanciare mantenendola coperta (per non bruciarla) un’altra candidatura; la quale si mormora sia quella di Gianni Letta (parente del segretario del Pd Enrico Letta ), visto come persona accettabile anche dal centro sinistra.
Anche il nome della Cartabia, che sarebbe la prima donna oltre ad essere la più giovane con i suoi 58 anni. Si tratta dell’attuale ministro della Giustizia e presidente emerito della Corte costituzionale; pertanto è vista come una figura istituzionale e di garanzia, pur difettando molto d’esperienza politica.
Di esperienza politica invece ne ha troppa il politico, giurista e accademico Giuliano Amato. Infatti è stato premier dal 1992 al 1993 e dal 2000 al 2001. Un uomo che ha sviluppato la sua carriera politica con Craxi. Ha 83 anni, ma non sembra poter prendere i voti del M5s e nemmeno tutti quelli di Lega e FdI.
Più gettonato sembra essere Pierferdinando Casini: 66 anni, non essendo attualmente legato a nessuno potrebbe raccogliere più voti. Così come Paolo Gentiloni politico e giornalista. presidente del Consiglio dei ministri (2016/18) attuale Commissario europeo per gli affari economici. Dalla sua ha un curriculum di alto livello, un buon apprezzamento per il suo equilibrio, La sua debolezza è l’appartenenza al Pd, che ha pochi grandi elettori su cui contare.
Restano infine altre due donne tra i nomi papabili. Maria Elisabetta Alberti Casellati, presidente del Senato e quindi attuale vice Presidente della Repubblica; la quale non è però gradita da Pd e 5 Stelle. E Letizia Moratti, già sindaca di Milano e ora assessora al Welfare in Lombardia, apprezzata da Giuseppe Conte, ma non da tutti i 5 Stelle.
CITTADINI NEL CUORE
Allegati:
Il presidente supplente della Repubblica Italiana è una figura non esplicitamente prevista nella Costituzione italiana, ma ricavabile dalla disposizione contenuta nell’art. 86; nella prassi, ha assunto una notevole importanza in caso di dimissioni anticipate del presidente. Il supplente esercita tuttavia le funzioni di Presidente della Repubblica anche in altri casi, ad esempio durante una visita all’estero del titolare della carica.
L’art. 86 della Costituzione recita infatti:
«Le funzioni del Presidente della Repubblica, in ogni caso che egli non possa adempierle, sono esercitate dal Presidente del Senato. |
Non sempre alle dimissioni del presidente della Repubblica il presidente del Senato gli subentra. Non vi è pertanto la supplenza quando il presidente si dimette il giorno stesso del giuramento del successore, come fece Carlo Azeglio Ciampi nel 2006. Così allo stesso modo, non sempre vi è supplenza quando il presidente è in visita di stato all’estero, ma solo per taluni viaggi ufficiali di lunga durata o di particolare distanza.[1]
I poteri del presidente supplente
Particolarmente dibattuta è la questione se tutti o solo alcuni dei poteri del presidente della Repubblica possano essere esercitati dal supplente. La prima ipotesi è conforme al pensiero di Leopoldo Elia affermando che tutte le norme della Costituzione che si riferiscono al presidente della Repubblica, eccetto quelle sull’elezione e sui requisiti per essere eletto, devono intendersi riferite al presidente supplente.[9] La tesi opposta rileva che i poteri che implichino una “autonoma determinazione” (conferimento dell’incarico di presidente del Consiglio, nomina del governo, scioglimento delle camere) non possano essere esercitati dal supplente se non assolutamente necessario.[10]